martedì 27 marzo 2012

GIANLUIGI COLIN: ARTE COME METEORA



Ho scoperto per caso l'arte di Gianluigi Colin.
Mi è arrivata addosso, come un meteorite, avvolta dalla sua spazio temporalità gravitazionale.
È arrivata dopo anni di latenza, nel modo giusto, manifestandosi come quello che Roland Barthes nel suo meraviglioso saggio "La camera chiara" definisce come punctum. Il punctum, ovvero la freccia che viaggia verso di te, che si stacca dall'analogon dell'opera per concretizzarsi  come uno sguardo dritto nei tuoi occhi. Questa è l'arte-meteora, l'arte viaggiante, che nel caso dell'artista di Pordenone/Milano/Roma  un meteorite esploso in polvere cosmica, trasformato in galassia di opere frantumate ricongiunte in un'unica opera della memoria, per la memoria. Colin raccoglie le tracce che lasciano le immagini al loro passaggio e le colloca in un vibrante cimitero degli elefanti di carta, dando loro a volte una nuova vita, a volte un nuovo epitaffio.

Se l'essenza di un l'artista è, in genere, l'immagine riflessa nel caleidoscopio delle proprie opere, per Colin è vero il contrario: tutte le sue opere ne configurano una sola, topograficamente e fisicamente tanto estesa quanto, concettualmente, concentrata come una stella nana. Arte mnestica, che la memoria non custodisce, bensì divora e introietta senza posa.
Giovanni Caviezel






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